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Diversa già lo sono. Voglio essere differente.

Quelle dell'Afi e dell'associazionismo in genere, sono davvero delle famiglie prosociali, come ci definisce L'Università Cattolica di Milano. Cioè delle famiglie nelle quali le relazioni con il mondo circostante sono improntate all'apertura, allo scambio sociale, alla reciprocità, al dono, alla condivisione e alla solidarietà.

Abbiamo provato a "leggere" alcune esperienze dei nostri figli in questa ottica e il risultato è stato molto consolante...

 

Un mese in Madagascar in un Grest con 800 bambini.

 

E' facile, alla vista di una persona di colore, provare una strana sensazione, quasi si avverte il proprio corpo innalzare lentamente una barriera di protezione, nei confronti del diverso. Ma chi è il diverso?

Quest'estate, fortunatamente, ho potuto vivere un'esperienza di volontariato in Madagascar. Mossi dallo spirito salesiano e dalla voglia di aiutare chi ha più bisogno, io e altri sei ragazzi abbiamo speso un mese della nostra estate nella lontana isola africana, a vivere un gr.est. con i bambini più sorridenti della Terra.

Dal diario che ho scritto durante la mia permanenza in Madagascar, leggo ora: "Noi persone siamo tutte diverse; essere diversi significa dare diverso valore. Non esiste un non-diverso" Ognuno dà significato e priorità alle cose e alle persone stesse in base ai propri gusti, sceglie ciò che più si sente di fare. Eppure, nella diversità, si può essere "differenti" oppure "indifferenti".

Due categorie distinte e di gran lunga distanti l'una dall'altra: essere indifferenti è inconciliabile con il tendere alla differenza. Tendere alla differenza significa interessarsi all'Altro, prendersene cura significa desiderare sempre con maggiore intensità che gli altri possano vivere bene quanto me. Al contrario, l'indifferenza non dà spazio alla dimensione umana, l'indifferenza "non si accorge" e "non si preoccupa". E talvolta si maschera dietro alla differenza. Diversa già lo sono. Voglio essere differente.

Credo di aver scoperto i veri motivi per cui mi trovavo in Africa proprio mentre stavo vivendo quello che era sempre stato il mio sogno. In molti mi dicevano che per fare del bene non è necessario spingersi così distante, ma soltanto quand'ero là ho capito che nel mio paese non avrei altrettanto cambiato me stessa e accresciuto la mia sensibilità, pur mettendomi a servizio degli altri.

Nelle nostre giornate le mattine erano dedicate alla catechesi e poi alle attività, che spaziavano dal corso di fotografia a quello per diventare elettricisti, l'attività di braccialetti o i lavori con il gesso. Nei pomeriggi, invece, ci tenevano impegnati i giochi di squadra. I bambini erano quasi 800, con circa 40 animatori in totale. Nonostante la difficoltà della lingua, le emozioni che quei bambini mi hanno trasmesso sono davvero tante.

Tuttora porto nel cuore la lucentezza dei loro occhi, come anche i loro "profumi"! Ancora gioisco per la grande ospitalità con cui ci hanno accolti le loro famiglie: siamo andati addirittura a mangiare nelle loro case, tutti assieme, seduti su di uno stuoino, ci hanno offerto ciò che di più prezioso avevano. Mai dimenticherò Tsiary, una bambina di 7 anni che il giorno della mia partenza mi mise in tasca una banconota di 100 ariary (l'equivalente di 3 centesimi di euro, con cui avrebbe potuto comprare un gelato) e poi scappò via. Ha voluto ripagarmi con qualcosa di grande, perché aveva dato grande valore al mio tempo speso con lei.

Ecco che cosa ho imparato da quest'esperienza: che è bello sentirsi piccoli tra i piccoli e saper vedere nei più semplici gesti quotidiani un grande atto d'amore. Soltanto l'amore ripaga la fatica e soltanto una vita fatta di altri ci permette di "essere differenti".


Viviana Gheno (Afi-Treviso)


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