afi

Il principio di Solidarietà

Io solidale, qui ed ora.

di Cristina Bordignon - presidente Afi Treviso

 

La Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) scaturisce da una concezione cristiana dell'uomo e della vita politica; i princìpi, i criteri di giudizio e le direttive sono molto ampi e c'è in essi un grande pluralismo. Quando i padri della Chiesa si riferiscono alla politica, all'economia, al lavoro o alla cultura non è che vogliono proporre soluzioni tecniche, piuttosto si preoccupano dell'incidenza che queste hanno nella vita delle persone. Per esempio, un'organizzazione economica che non lasci tempo per seguire i figli o che non offra i mezzi economici sufficienti per portare avanti la famiglia può essere un serio ostacolo per vivere la propria vocazione del matrimonio.

Il primo modo con il quale si può incidere nella società con l'aiuto della DSC è diffondere questi insegnamenti ed è per questo motivo che la nostra associazione si è data il compito di trattare questo argomento.

In termini generali, la morale sociale della Chiesa ci insegna che esiste un priorità dei beni spirituali e morali su quelli materiali: il bene completo delle persone non si focalizza sugli strumenti dell'organizzazione della società umana, che sono in linea di massima politici o economici, bensì offre princìpi di azione e lascia la scelta tecnica dei mezzi alla responsabilità di quanti dirigono i vari campi dell'operare sociale. Questi princìpi morali si fondano sulla dignità della persona, il bene comune, la solidarietà e la sussidiarietà.

 

Qui parleremo di Solidarietà, termine che si attribuisce a un concetto del Diritto Romano. In un tempo lontano, chi voleva aprire un'attività, si impegnava con tutta la famiglia allargata a pagare gli eventuali debiti che sarebbero stati necessari per l'avvio e la sua continuazione. La comunità veniva quindi tutelata e "l'imprenditore" sostenuto (teniamo in mente questi due termini: tutela e sostegno).

La solidarietà si rifà quindi a questo modo di comprendere la propria responsabilità verso la totalità di una società civile.

Possiamo definire il debito pubblico che ognuno di noi ha di fronte allo Stato un atto di solidarietà? Si potrebbe obiettare che il debito non è stato attuato con il nostro consenso, che chi ha governato ha fatto manovre sbagliate, ma è indubbio che una parte di responsabilità è riposta in ognuno di noi o in chi ci ha preceduto.

E coloro che arrivano sulla nostra terra con i barconi, non hanno diritto di godere della nostra solidarietà perché non è giusto che il popolo europeo debba sostenere queste famiglie che non hanno contribuito direttamente alla ricchezza dell'Europa e che si trovano ora in uno stato di bisogno?

L'anziano solo e senza reddito deve usufruire della casa di riposo gratuitamente contribuendo in parte con la sua pensione, se non ha un fondo per coprire a retta?

O ancora, chi non ha avuto figli è giusto che debba pagare con le tasse per le scuole e gli asili di chi magari mette al mondo tre o quattro figli?

Bene, ora che gli animi si sono scaldati, cerchiamo di capire se queste suggestioni si riferiscono alla solidarietà, o invece possono essere racchiuse nel tema della giustizia.

 

C'è una grande differenza tra solidarietà e giustizia.

La giustizia esige di rispettare e di dare agli altri ciò che è "loro", mentre la solidarietà porta a dare agli altri qualche cosa che è "nostro", spinti dall'interesse che abbiamo per il bene comune degli altri, che è importante quanto il nostro.

Quindi IO SOLIDALE, dovrei impegnarmi per esempio per fare in modo che tutti paghino le tasse partendo da me stesso, per accogliere chi arriva da paesi meno ricchi, impegnarmi nel dare assistenza a chi non è più autosufficiente, informarmi e comprendere i costi di un'istruzione che non viene garantita a tutti.

Non sono forse tutte azioni di tutela e sostegno?

 

Un secondo aspetto da considerare, affinché la DSC possa davvero incidere, consiste nel mettere in evidenza i modi della sua applicazione pratica.

Un'importante manifestazione di solidarietà consiste nel compiere fino in fondo i propri doveri e obblighi. Creare posti di lavoro giustamente retribuiti è uno dei maggiori beni sociali che si possono realizzare; il lavoro dà dignità all'uomo e dovrebbe essere garantito a tutti. Un cooperatore, per esempio, ha come impegno solidale principale quello di fornire servizi al cittadino e/o creare posti di lavoro perché le persone possano onestamente e responsabilmente guadagnarsi da vivere, sostenere la propria famiglia e contribuire in base alle proprie capacità alla realizzazione del bene comune. La cooperazione sociale ha una maggiore capacità/possibilità di contribuire alla solidarietà, attraverso progetti che vadano nella linea del non "assistenzialismo" e l'autentico sviluppo della persona e delle proprie potenzialità.

 

La nostra società è molto complessa e alimentata dall'individualismo, la solidarietà sembra essere andata fuori moda. Come persone responsabili, in molte situazioni è necessario sollevare/risolvere problemi che si presentano sempre nuovi e che fino a quel momento non si erano posti. È necessario come associazioni trovarci esperti nei diversi campi della vita sociale (educazione, etica, economia, politica, comunicazione, ecc.) individuando modi di risoluzione coerenti con la Dottrina Sociale della Chiesa.

Voglio pensare che il principio di solidarietà sia ancora un principio portante dell'umanità, che sia universalmente condivisibile al di là di ogni fede, che possa essere annunciato liberamente.

E, prima di tutto riferendolo a me stessa, QUI ED ORA, che, nel rispetto delle diverse opinioni, è sempre possibile invitare le persone a pensare a come rendersi utili, a come impegnarsi per gli altri, a come essere responsabili delle proprie azioni affinché non vadano a discapito di altri, con grande senso di responsabilità, andando oltre i propri doveri ed impegni personali in una prospettiva di bene comune.

 

Condividi sui social