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In punta di piedi

di Elena Pegoraro*

 

Mi avvicino al tema in punta di piedi, consapevole che prendersi cura di anziani e disabili, all'interno della famiglia, sia un compito molto delicato e nobile. Di fronte ai miti della società attuale, centrati sulla performance, la competizione, l'apparenza, la fretta, il prodotto, il bastare a se stessi, è ancora più difficile accettare il senso del limite, la fragilità della condizione umana, la necessità che abbiamo gli uni degli altri, l'idea della morte.

 

A volte, proprio quando anziano e disabile coincidono non è semplice nemmeno per i familiari continuare a vedere le "proprie radici" nelle persone indebolite e poco riconoscibili di cui si prendono cura: capita che il vissuto profondo sia di non accettazione della malattia, di rifiuto delle debolezze, di fastidio per le mancanze di quei papà e di quelle mamme all'improvviso ridiventati dipendenti come bambini.

 

L'impulso ad allontanare, allora, corrisponde al bisogno di prendere fiato, di andare via da una situazione divenuta insopportabile proprio per quel carico pesantissimo di sofferenza e angoscia che ti provoca dentro: si cerca di spostare la causa del proprio profondo malessere, di isolare la fonte certa di questa stanchezza che è prima di tutto emotiva e psicologica anche nei casi in cui il prendersi cura dell'anziano e del disabile implichi concretamente un carico eccessivo dal punto di vista delle premure fisiche, economiche e materiali.

 

Se ci poniamo nei panni della persona anziana e/o disabile ci rendiamo conto che quando non si hanno più i margini temporali e reali per esorcizzare la vecchiaia, la disabilità, e più in là la morte ci si trova ad un bivio, ad affrontare un irrimandabile "compito di sviluppo" a dirla con Erikson, che consiste nel riuscire a mantenere saldo il proprio senso di integrità evitando di cadere nella disperazione.

 

Questo lavoro interiore investe non solo la persona ma anche la sua famiglia: anche il ciclo di vita familiare si trova a dover affrontare un passaggio delicatissimo, proviamo a pensare anche solamente al fatto che improvvisamente i figli, abituati a essere oggetto di cure devono divenire agenti di cura per i loro genitori anziani! Che cosa, allora, può aiutare in questo momento di fragilità individuale e familiare?

 

A mio parere il fatto di mettere al centro la persona, concentrandosi sull'affetto che nutriamo per lei, ricordando i bei momenti trascorsi assieme, pensando a come sia, in fondo, sempre lei con la sua carica di umanità e di originalità pur appesantita dagli anni e dalle infermità, a volte camuffata a tal punto da renderne difficile l'identificazione.

 

Per far questo le famiglie non possono essere lasciate sole, non ce la possono fare da sole così coinvolte da ciò che accade, quasi sequestrate emotivamente da ciò che vedono, sentono, avvertono ora della persona cara. Il sostegno, psicologico e materiale, capace di aiuti concreti e in grado di veicolare messaggi autentici di accoglienza, accompagnamento, vicinanza, stima, deve poter essere un diritto inalienabile della famiglia perché la cura e l'onore attribuiti alle persone anziane e/o disabili non sono fatti di grandi gesti, imprese eclatanti, chissà quali prestazioni straordinarie, ma di una fedeltà quotidiana, che è un farsi prossimo proprio nelle incombenze più umili e ordinarie, una vocazione continua.

 

Qualsiasi supporto ai familiari, ad esempio per riuscire a conciliare lavoro e cura, li aiuta a ritrovare le forze, a ricaricarsi per tornare con un po' di fiato nella relazione con la persona anziana e/o disabile, arricchendo il "fare per" di un inestimabile "stare con": una carezza, un abbraccio, uno scambio di battute, un saluto, un aiuto nel vestirsi, gesti semplici, quotidiani che rispondono ai bisogni profondi del sentirsi rispettati, riconosciuti, accolti, considerati.

 

Persone anziane e disabili che continuano a rappresentare una risorsa per tutti, perché comunicano la dignità di tutte le fasi della vita, perché narrano della forza con cui è possibile affrontare le circostanze anche avverse dell'esistenza umana, perché parlano ancora di valori quali il coraggio, la pazienza, la capacità di testimoniare la realtà della condizione dell'uomo, che non è quella del super-eroe che vince sempre e non muore mai, ma anzi richiede di essere vissuta per davvero, giorno per giorno.

 

Molti anziani, anche disabili o molto malati, riescono a trasmettere ancora questi valori alle nuove generazioni riscattando anche coloro che si sono rassegnati, demoralizzati, spaventati, sperduti . Così fragili e allo stesso tempo forti e cari nonni, capaci di dare l'esempio, che lasciano una traccia importantissima e indelebile, comunque, nel cuore di ogni nipotino!

ANZIANI E DISABILI IN FAMIGLIA

*Ricercatrice Dipartimento Scienza dell'Educazione Università di Padova

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