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8 anni dopo il Family Day

Le famiglie sono scese di nuovo in piazza per contrastare l’attacco culturale alla famiglia che si muove su diversi fronti.
 

Dopo vent’anni di impegno con la famiglia e con l’AFI, dopo il Family Day del 2007, eccoci nuovamente a dover scendere in piazza per difendere la famiglia... così è successo il 20 giugno scorso in piazza San Giovanni a Roma.

Ma cerchiamo di capire cosa sta succedendo: perché molte famiglie sono preoccupate di questa famigerata “ideologia gender”, che molti dicono che non esiste? Sono veramente in preda a visioni e si preoccupano per nulla? Come possiamo leggere questo periodo storico noi dell’AFI che abbiamo maturato e declinato in mille maniere la soggettività sociale e il valore insostituibile della famiglia per la società?

Una caratteristica di questo periodo è l’indubbia difficoltà di lettura dei fenomeni che ci circondano, che sembrano difficili da individuare, riconoscere e quindi prendere di petto, anche solo per comprenderli e, se serve, contrastarli. È difficile infatti trovare un qualche filo conduttore tra i diritti degli omosessuali, quelli privati e quelli pubblici, il riconoscimento del matrimonio omosessuale, proprio quando il matrimonio è un’istituzione in declino, il divorzio breve, l’omofobia, la discriminazione di genere, la stepchild adoption, l’utero in affitto (scusate, la “gestazione per altri”!), il terzo genere, il gender fluid e tanto altro. E anche molti documenti ufficiali, quando parlano di educazione sessuale e all’identità di genere per i bambini e della decostruzione degli stereotipi di genere, ci devono lasciare tranquilli perché vogliono far crescere i nostri figli nella pienezza della loro identità o sono strumenti di un’ideologia che vuole demolire la famiglia e isolare le persone per poterle meglio controllare?

La prima cosa che dobbiamo fare è informarci. E qui, è innegabile, non possiamo nascondere che per informarci correttamente non possiamo usare solo i principali mass media, perché molte informazioni e notizie non le troveremo. Molto utili sono Internet e i social network. Ma anche le molte conferenze che si tengono in tutta Italia, con sale quasi sempre sorprendentemente piene. E, approfondendo e studiando, emerge che nei documenti internazionali, nelle conseguenti azioni politiche, nella cultura e nelle spinte monodirezionali dei media, si presenta una corrente ideologica, molto robusta anche economicamente, che intende promuovere una drastica riduzione del ruolo della famiglia, e instillare il principio che il genere viene scelto di volta in volta dalle persone, secondo la propria percezione del momento, andando a demolire una delle ultime certezze della persona che ne caratterizza il fondamentale ruolo relazionale, e quindi esistenziale. Non c’è qui lo spazio per approfondire, ma basta citare gli oltre cinquanta generi diversi con cui è possibile iscriversi a FaceBook negli USA, o le linee guida della Presidenza del Consiglio dei Ministri che definisce “Identità di Genere” la “percezione di sé come maschio o come femmina o in una condizione non definita”, mentre il Genere è la “categoria sociale e culturale costruita sulle differenze biologiche dei sessi (genere maschile vs. genere femminile)”.

C’è quindi un rischio concreto che questo mainstream che si è costituito, e che vede (stranamente?) su obiettivi comuni sia il capitalismo anglosassone/massone che il veterofemminismo e il radicalismo, possa travolgere le nostre famiglie, quasi senza che se ne accorgano, sradicando ancor di più (se ce n’era ancora necessità) i fondamenti della civiltà cristiana occidentale.

Cosa possiamo, o dobbiamo fare? Risuona sempre la frase di San Giovanni Paolo II a noi tanto cara (…”le famiglie devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia… diversamente saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza”, Familiaris Consortio 44, 1981).

Ancora una volta, ritengo, il mezzo più importante che abbiamo è la relazione. Dobbiamo creare e potenziare le reti delle famiglie; insieme possiamo maturare, elaborare strategie e far sentire la nostra presenza seminando il bene. Oggi più che mai la rete delle famiglie ha mezzi particolarmente efficaci, dal momento che praticamente tutti siamo connessi a Internet. La grande manifestazione di piazza di Roma a giugno è stata organizzata in due settimane, senza alcuna pubblicità sui media. È un momento in cui si può creare grande comunione tra le famiglie! Un esempio di successo della rete che ho personalmente vissuto è stata l’iniziativa del comitato Difendiamo i Nostri Figli – Verona (www.dnfverona.it), che in due settimane di settembre ha potuto raccogliere, attraverso un gruppo di volontari costituito in brevissimo tempo, più di 20.000 firme in provincia di Verona contro il DDL Cirinnà sull’equiparazione del matrimonio alle coppie omosessuali.

Infine, non dobbiamo sottovalutare il fatto che questo fenomeno del gender ha provocato il risveglio di tante famiglie, una maggiore consapevolezza del ruolo della famiglia e il desiderio di uscire dalle case per promuovere il ruolo insostituibile della famiglia per l’intera società.  Tutti, questi, aspetti di grande valore per noi dell’AFI che ne parliamo e ci crediamo da più di vent’anni.

 

Antonio Zerman – Afi Verona

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