Fermati un istante, Tv e rifletti su te stessa
L’allarme di Ciampi merita riscontro
Fermati un istante, Tv e rifletti su te stessa
Giuseppe Savagnone
Le severe parole del presidente della Repubblica sul ruolo pesantemente diseducativo di vari programmi televisivi e sulla mancanza di senso della responsabilità da parte di coloro che li gestiscono, sollevano un problema troppe volte relegato ai margini del dibattito pubblico e che invece è decisivo - ben più di tanti altri - per il futuro della nostra società. Fino agli anni ottanta in Italia la Rai aveva perseguito con discreta coerenza un duplice obiettivo: educare e intrattenere il pubblico. I due aspetti erano considerati inscindibili, tanto da meritare a questo sistema la definizione di "Tv pedagogica". L’avvento della televisione commerciale ha determinato una radicale trasformazione di questo stile. L’esigenza di acquisire quote sempre maggiori di pubblicità ha comportato un’impostazione dei programmi in funzione dell’audience. D’un tratto non si mirava più a dare alla gente quello che le serve, ma - in omaggio alla logica del mercato - quello che essa desidera. Non si tratta di un fenomeno limitato al nostro Paese. «In occasione di una lezione che ho tenuto in Germania non molti anni fa - scriveva Karl Popper - ho incontrato il responsabile di una televisione (…) Ebbi con lui una discussione durante la quale sostenne alcune orribili tesi (…) Diceva per esempio: "Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole" (…) Egli credeva che le sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia"». E poiché la moneta cattiva scaccia quella buona, questa logica ha finito per coinvolgere presto tutta la televisione, Rai compresa, la quale per non perdere il suo pubblico si è lanciata in una corsa forsennata all’inseguimento di quella commerciale. Una corsa destinata, per quanto riguarda la qualità e i contenuti dei programmi, a volgere sempre più verso il basso, per la conquista di una audience che, in molti casi, sembra premiare gli spettacoli più morbosi e più violenti. In un momento in cui, nella Conferenza nazionale sulla droga, che si tiene a Palermo in questi giorni, emerge che il 32,1% delle persone tra i 15 e i 44 anni (uno su tre!) ha fatto uso, in un modo o nell’altro, di droghe, e, a livello europeo, si segnala il raddoppiarsi, in dieci anni, del numero dei giovani che ricorrono alla cocaina (l’Italia è al terzo posto), non è possibile non interrogarsi sul rapporto che lega la "cattiva maestra televisione" a questi allarmanti fenomeni. È chiaro che la droga sta diventando il surrogato di un complesso di valori che fino a qualche decennio fa dava senso alla vita delle persone, soprattutto delle nuove generazioni, e che oggi sembra aver perduto la sua forza di attrazione e di mobilitazione delle coscienze. Assistiamo così al dilagare di un vuoto etico che nella storia del nostro paese forse non ha precedenti e che rischia di vanificare le ragioni dell’impegno per una qualsiasi causa che superi l’angusto perimetro dell’autorealizzazione individuale. Certamente, per quanto le riguarda, la scuola e soprattutto la famiglia dovrebbero interrogarsi sulle cause del loro declino, nella trasmissione di ideali e prospettive, e cercare le vie per superarlo. Ma è ora che la televisione, invece di costituire una concorrente e una perversa alternativa, diventi un’alleata nel grande patto educativo che è urgente stringere, se vogliamo riempire il vuoto valoriale da cui sono minacciati i nostri giovani.
Avvenire, Giovedì 8 dicembre 2005
Leggi le parole del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi tratte dal discorso pronunciato durante la visita alla città di Cremona, in occasione dell’incontro istituzionale con le autorità locali
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