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Affrontiamo il dopo guerra!

Debolezze e criticità della nostra società, valori e comportamenti virtuosi delle nostre famiglie nel commento alla situazione attuale di un socio del Tigullio, arzillo ottantottenne.

 

Avevo otto anni quando iniziò la seconda Guerra Mondiale che in cinque anni procurò 150.000 vittime civili; ora, che ne ho ottantotto e da tre mesi vivo questa che è già stata definita la "terza guerra mondiale", devo con dolore prendere atto che questa pandemia in tre mesi ne ha già causati oltre 25.000.

Come rappresentante di Afi nel Direttivo del Forum delle Associazioni familiari del Tigullio, quindi avendo in rete un migliaio di famiglie, vivo con grande partecipazione gli effetti della pandemia in corso che a detta degli esperti sembra richiedere lunghi tempi per essere ridotta ai minimi termini e, speriamo, definitivamente debellata con la scoperta di un vaccino.

Una epidemia a estesissima e rapida diffusione che sta procurando gravissimi danni sanitari, sociali ed economici e mette allo scoperto debolezze e criticità della nostra "società postmoderna" e contemporaneamente fa emergere i valori della "comunità famiglia" e delle "comunità di famiglie" come Afi. 

Una crisi che in base al significato etimologico della parola deve essere per tutti noi, personalmente e comunitariamente, tempo di riesame degli avvenimenti, giudizio, scelta e decisione seguendo l'esempio dei nostri padri e nonni che durante la seconda Guerra Mondiale gettarono le basi per la rinascita morale, sociale ed economica del nostro paese.

Con queste mie quattro righe sgangherate vorrei tentare di sintetizzare debolezze e criticità della nostra società, valori e comportamenti virtuosi delle nostre famiglie e accennare ad alcuni problemi di comportamento che dovranno trovarci impegnati per affrontare la ricostruzione post pandemica.

Fra i modelli sociali che hanno messo in evidenza debolezze e hanno creato criticità va in primo luogo indicato il capitalismo, cioè un sistema molto fragile perché conosce "il prezzo di tutto e il valore di niente"; dà più valore al business che al bene comune, al lavoro come arena di competizione, anziché alle buone relazioni interpersonali anche in ambito produttivo.

A queste debolezze va aggiunta, per il nostro "bel Paese", l'evasione fiscale, il lavoro nero, la criminalità, la burocrazia, il clientelismo, lo spreco di risorse per la costruzione di cattedrali nel deserto lasciate incompiute a scapito, in particolare, di tre settori vitali, quali la scuola, la sanità e le piccole imprese.

Conseguenza di queste debolezze lo stato di inadeguatezza e impreparazione delle strutture ospedaliere e dei ricoveri per anziani all'arrivo di Covid-19, alla artigianale e frettolosa messa in campo della "scuola a distanza" che ha trovato più del 30% delle nostre famiglie senza connessione internet e senza PC, tablet o iPad, cosicché il 6% degli alunni non partecipa di fatto alle lezioni a distanza.

Grazie a Dio in questo periodo di forzata quarantena abbiamo potuto apprezzare in particolare i comportamenti virtuosi delle nostre famiglie come luoghi di ritrovate relazioni interpersonali e intergenerazionali, di comunione, di corresponsabilità, di collaborazione e modelli di resilienza.

Inoltre come non apprezzare il volontariato, in particolare quello giovanile, il capitale sociale del terzo settore e delle realtà ecclesiali che hanno saputo esprimere al massimo il valore della sussidiarietà orizzontale.

Proprio alla luce di questi comportamenti virtuosi riteniamo sia possibile quindi affrontare quella che possiamo definire la prossima "ricostruzione post bellica" perché la "comunità famiglia" e la "comunità delle famiglie" dovranno essere davvero il terzo pilastro tra stato e mercato per dare maggiore equilibrio, concretezza ed efficacia alla ricostruzione.

Una ricostruzione nella quale la scuola deve essere considerata una priorità perché primaria agenzia educativa, fabbrica del nostro futuro e i giovani soggetti assetati di testimoni credibili, di occasioni per un fruttuoso confronto tra generazioni e bisognosi di un ripensato e rilanciato  servizio civile da svolgere anche in altre nazioni.

Una ricostruzione che ci impone di avere tempi di lavoro compatibili con quelli della famiglia,  della scuola, dei servizi sanitari, commerciali e dei servizi pubblici.

Una ricostruzione nella quale i nostri anziani siano valorizzati e non emarginati; quindi più reti familiari e solidali e meno istituti, più servizi di telemedicina attraverso i quali il sistema sanitario possa farsi prossimo ai loro bisogni.

Al termine di queste povere e incomplete considerazioni, per non passare da visionario o ingenuo, in quanto molti lettori potrebbero ricordarmi quanto scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne "Il Gattopardo": "Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente" vi svelo un segreto... io e mia moglie Mirella abbiamo deciso di impegnarci maggiormente a cambiare noi stessi e, a prescindere dai risultati, a continuare a servire la famiglia con la stessa parresia, perseveranza, speranza e gioia che ci sono stati posti nel cuore come dono "immeritato" !

Raffaele Loiacono - Afi Tigullio

 

 

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