afi

Intelligenza Artificiale e Formazione

Senza le basi non si raggiungono le altezze.

di Cristina Bordignon - presidente Afi Treviso

 

A me ChatGPT piace, mi ha aiutato in alcuni momenti ad organizzare il mio sapere, ad approfondire alcuni concetti e in alcuni casi è stata una compagna di dialogo per comprendere alcune cose che mi stavano succedendo.

Si! E' accattivante, istruita, gentile, mai stanca di approfondire. Certo, si ripete, non porta in modo naturale esempi, la devi interrogare e spesso devi riformularle le domande di cui cerchi risposta.

E' perfetta per rispondere alla mentalità del nostro tempo individualista "mi dai quello che mi serve, non ti devo nulla, sei a mia disposizione", e ci riporta all'età dell'onnipotenza dove la persona è al centro dell'universo, dove l'empatia non si è ancora sviluppata, dove il soggetto chiede e vuole subito la risoluzione. Ho fame e arriva la tetta, sono bagnato, urlo e vengo cambiato....onnipotenza che se non passa attraverso la frustrazione (leggera e a piccoli passi) potrebbe portare il bambino ad un'adultità malata, dispotica e tirannica.

 

Ciò che mi preoccupa è comprendere se l'intelligenza artificiale (IA) sia una minaccia per lo sviluppo del ragionamento autonomo e lo sviluppo sociale delle persone.

Uno dei rischi maggiori dell'uso di IA in ambito educativo è che queste tecnologie possano facilmente sostituirsi allo studente, soprattutto nei compiti cognitivamente più impegnativi. Gli studenti, attratti dalla rapidità e dall'efficienza dell'IA, possono smettere di affrontare attivamente problemi complessi e delegare il pensiero critico ad un semplice algoritmo. Questo comporta una riduzione della capacità di ragionamento autonomo e un'erosione delle competenze fondamentali che si sviluppano solo attraverso l'esercizio, l'errore e la riflessione personale.

L'atto stesso di imparare, attraverso errori, dubbi e riformulazioni, è cruciale per lo sviluppo dell'intelligenza e della creatività. L'IA, invece, offre risposte pronte, scorciatoie intellettuali che, alla lunga, possono compromettere la capacità dello studente di pensare in maniera originale e profonda. Questo, in psicologia dello sviluppo, si chiama dipendenza cognitiva, una condizione in cui il soggetto si affida a fonti esterne per risolvere problemi che dovrebbe affrontare con le proprie risorse mentali.

 

Un altro aspetto che mi sembra critico riguarda il lato emotivo e relazionale dell'interazione con l'IA.

Abbiamo visto come strumenti come ChatGPT siano programmati per essere accondiscendenti e fornire risposte immediate e soddisfacenti; l'IA può diventare una sorta di "compagno virtuale", punto di riferimento per quelle personalità fragili che per eventi della vita e/o una predisposizione temperamentale all'isolamento, possono essere portati a trovare risposte in uno schermo invece di esporsi con le persone che li circondano all'interno delle varie occasioni, in cui la vita ci porta a chiedere spiegazioni.

Le relazioni umane, per quanto complesse e a volte difficili, sono fondamentali per lo sviluppo della personalità e della capacità di affrontare il mondo. Affidarsi a una relazione virtuale con un'entità programmata per essere sempre rassicurante può impoverire la capacità di affrontare le sfide sociali e relazionali del mondo reale, perdendo l'opportunità di sperimentare la complessità delle emozioni umane: il conflitto, la delusione, la gioia autentica. Queste emozioni, nel bene e nel male, sono parte integrante della costruzione di un'identità sana e resiliente.

 

Come educatore, mi sento preoccupata della "passività verso il pensiero personale" che l'utilizzo di una macchina può accentuare; i nostri ragazzi potrebbero finire per diventare "consumatori" di risposte piuttosto che "artefici di un pensiero proprio riflessivo"; attraverso una scorciatoia intellettuale che può ridurre il coinvolgimento attivo della mente dello studente nel suo processo educativo. Quando un giovane si affida troppo all'IA per completare compiti o risolvere problemi, evita la fatica necessaria per sviluppare competenze cognitive profonde, come il ragionamento logico, la risoluzione di problemi complessi e la capacità di sintesi.

Va sempre ricordato che l'apprendimento non è solo un processo individuale, ma si nutre del confronto, del dibattito, e della capacità di negoziare idee con altri esseri umani. E cosa dire del fondamentale processo di errore, correzione e miglioramento. Uno dei valori educativi più importanti è aiutare i ragazzi ad imparare dagli errori e a non evitarli: sbagliare e riflettere sull'errore è una componente essenziale dell'apprendimento, perché favorisce lo sviluppo di una mentalità aperta e resiliente.

L'IA, invece, alimenta una mentalità "perfettiva", dove l'errore non è ammesso; questo atteggiamento indebolisce la capacità di resilienza e può generare un'ansia da prestazione.

In altre parole, se l'IA diventa un sostegno eccessivo, lo studente non è veramente preparato ad affrontare le sfide intellettuali del futuro, sia nell'università che nel mondo del lavoro.

 

La vera educazione consiste nel preparare individui autonomi, riflessivi e capaci di affrontare la complessità del mondo reale.

Se un ragazzo utilizzasse l'IA per superare l'ansia legata al fare domande o chiedere aiuto, rischierebbe di non affrontare il nucleo del suo problema, cioè l'interazione sociale e la paura del giudizio. Parte del superamento delle difficoltà emotive e sociali sta nell'imparare a essere vulnerabili e ad accettare i propri limiti di fronte agli altri. Quando un ragazzo chiede aiuto a un insegnante o condivide un dubbio con i compagni, sta esercitando la propria capacità di accettare la vulnerabilità, che è fondamentale per lo sviluppo della fiducia in se stessi.

 

Senza demonizzare lo strumento, l'introduzione dell'IA può variare a seconda del livello di maturità cognitiva e della capacità degli studenti di comprendere il ruolo di questo strumento. Quale sia il momento giusto per iniziare a introdurre l'IA come strumento di supporto all'apprendimento, soprattutto per attività che richiedono informazioni specifiche o spiegazioni rapide può essere ipotizzata verso i 12-14 anni, quando lo sviluppo dell'intelligenza ipotetico deduttiva permette di applicare una certa critica ai contenuti proposti. A questa età, gli studenti possono comprendere il ruolo dell'IA, ma il suo uso deve essere monitorato e guidato, sia in ambito scolastico che familiare.

L'IA non dovrebbe mai sostituire il dialogo con insegnanti e compagni di classe. Per esempio, se uno studente è incerto su un concetto, può chiedere all'IA di chiarirlo, ma il suo valore aggiunto è dato dalla discussione con l' insegnante o il gruppo dei pari. Questo crea un circolo virtuoso tra l'uso della tecnologia e il confronto interpersonale, favorendo lo sviluppo di competenze sociali e intellettuali.

L' IA può stimolare lo studente a esplorare ulteriormente in modo autonomo, può facilitare l'accesso a fonti o concetti che altrimenti lo studente potrebbe non conoscere, incentivando un apprendimento più profondo. Questo può promuovere una curiosità intellettuale, ma è necessario sia sviluppato un pensiero critico, capace di non accettare passivamente le informazioni generate, ma le utilizza in modo creativo.

 

Da questa breve e incompleta relazione, si può dire che l'uso dell'IA può generare sia rischi psicologici che opportunità, a seconda di come viene integrata nel processo educativo.

L'elemento chiave è l'uso consapevole e una capacità riflessiva che permette alla persona di cogliere eventuali messaggi interni che si sviluppano dal suo uso.

Mi spiego, se ottengo con l'aiuto dell'IA un risultato eccellente, potrei sentirmi insoddisfatto perché so di non essere il principale artefice del lavoro e al contrario, sentirmi soddisfatto perché con poca fatica ho fatto un gran lavoro; ognuna di queste soluzioni potrebbe alla lunga portare la persona ad abbassare il proprio senso di autostima e allo sviluppo di una particolare percezione di non essere in grado di gestire certe sfide senza assistenza tecnologica. Lo studente potrebbe sviluppare una sorta di dipendenza psicologica dall'IA, sentendo che senza di essa non riuscirebbe a completare lavori di qualità.

L'affidamento eccessivo sull'IA può far emergere insicurezze sulle proprie capacità di ricerca, analisi o creatività. Lo studente potrebbe temere di non essere all'altezza senza l'ausilio della tecnologia, scoraggiando l'autonomia e la crescita personale. Può succedere anche il contrario: una "bozza di indirizzo" fornita dall'IA può orientare la persona, aiutandola ad organizzare un pensiero che si apre all'approfondimento e alla creatività.

Potremmo andare avanti con discussioni e analisi su molti altri aspetti che ruotano intorno al tema dell'uso dell'IA e alla base troveremmo sempre che è l'uso che se ne fa e il motivo per cui la si usa che ne riflette la discriminante.

 

L'uso dell'IA nell'apprendimento può generare sia rischi psicologici che opportunità di crescita. La chiave sta nel bilanciarne l'uso con una riflessione etica.

Se i genitori mi chiedessero un consiglio riguardo al fatto che il loro figlio utilizza molto l'IA, mi concentrerei su alcuni aspetti fondamentali per valutare se e come l'uso dell'IA possa essere salutare o problematico per il ragazzo.

Prima di tutto, è importante capire perché e come il figlio utilizza l'IA. Chiederei ai genitori di osservare e, se possibile, parlare con il figlio riguardo all'uso che fa dell'intelligenza artificiale.

- L'IA viene usata come strumento di supporto o come una scorciatoia per evitare impegno e fatica?

Suggerirei ai genitori di aprire un dialogo onesto con il figlio, esplorando insieme le implicazioni etiche e il senso di responsabilità.

- È giusto usare l'IA senza dichiararlo? Come ci si sente quando si usa l'IA per fare il lavoro scolastico? Si ha la stessa soddisfazione di quando si risolve un problema da soli?

Come per qualsiasi strumento tecnologico, è utile stabilire dei limiti chiari e delle regole.

- Quanto tempo viene dedicato all'uso dell'IA? Quando è appropriato utilizzarla e quando è meglio farne a meno?

Suggerirei ai genitori di concordare insieme al figlio delle linee guida sull'uso dell'IA, includendo momenti in cui deve lavorare senza tecnologia, per stimolare il pensiero autonomo ed attività che invece possono essere approfondite attraverso la sua consultazione.

Suggerirei ai genitori di non demonizzare l'uso dell'IA, ma di guidare il figlio verso un uso consapevole ed equilibrato, che ne valorizzi il potenziale educativo.

 

Vorrei concludere questa breve e superficiale analisi del fenomeno, con il pensiero di Nietzsche, grande filosofo e pensatore, che nel suo celebre libro "Così parlò Zarathustra" ci sollecita a riflettere sul fatto che solo costruendo su basi solide della conoscenza e il superamento personale è possibile raggiungere le più grandi altezze dell'esistenza.

Credo che come genitori, come educatori, dobbiamo investire nel rafforzamento delle competenze di base, nella formazione etica e nella promozione di un apprendimento critico e collaborativo. Solo così possiamo sperare di "raggiungere le altezze" e preparare le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro con consapevolezza e responsabilità.

 

Condividi sui social